L'Unione Europea non ha un futuro. Già prima della crisi essa non era nient'altro che un'unione economica ben lontana da divenire un'unione politica come i più spinti "europeisti" volevano. Ogni Stato ha sempre pensato di salvaguardare le proprie prerogative concedendo poco o nulla all'Unione. Come se non bastasse essa ha sempre mostrato una forte e palese carenza di legittimità democratica a causa degli scarsi poteri del parlamento europeo.
Se a questo si aggiunge una crisi economica senza precedenti è chiaro che tutta la struttura inizi a traballare.
Berlino infatti, trascinatrice dell'economia continentale, è sempre più restia a concedere aiuti ai paesi in difficoltà e le sue incertezze continuano a far sprofondare le borse. Inoltre, recentemente, il premier inglese Cameron si è visto recapitare 100 mila firme che richiedono un referendum per uscire dall'Unione Europea. La legge inglese impone al parlamento di discutere la proposta e visto l'euroscetticismo che ha sempre contraddistinto Londra c'è la seria possibilità che la richiesta possa essere accolta.
Lo scenario sembra quindi chiarissimo: i paesi più forti vogliono lasciare la barca prima che i paesi più deboli la facciano affondare.
Una possibile soluzione potrebbe essere l'istituzione di un euro di "serie b" svalutato per i paesi in difficoltà, in modo che questi possano applicare in tutta libertà politiche economiche indipendenti e adeguate alle loro situazioni senza coinvolgere i paesi più virtuosi.
A quel punto tuttavia, l'unione economica sarebbe spezzata e con essa l'Unione Europea.
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