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lunedì 11 luglio 2011

Sprechi di regime: rimborsi elettorali

Nel 1993, come forse qualcuno ricorderà, gli italiani si recarono in massa alle urne per votare contro i finanziamenti pubblici ai partiti.
La casta cosa fece a quel punto? Gli cambiò il nome. Da "finanziamento pubblico" a "rimborsi elettorali". Ma questi rimborsi... sono davvero dei rimborsi? Nel senso che spendono 10 e ricevono 10? Magari! I partiti dopo ogni elezione prendono una cifra forfettaria a prescindere dalla spesa, prendono cioè una cifra fissa per ogni elettore che, prima dell'euro consisteva in 800 lire, mentre oggi si arriva ad un euro. Un euro però, attenzione, per ogni elezione: un euro per la camera, un euro per il senato, un euro per le europee e infine un euro per le regionali. Insomma, 4 euro all'anno per ogni elettore.

La beffa vi basta? Sarebbe bello se avessi già concluso questo post, perchè la casta non considera gli elettori che vanno effettivamente a votare ma gli elettori iscritti alle liste per il voto alla camera che sono circa 50 milioni di persone (anche per i rimborsi riguardanti le elezioni per il Senato si utilizza questa cifra).

La soglia di sbarramento da superare per entrare in parlamento è del 4% ma per ricevere i rimborsi basta l'1%. Festa per tutti.

Non è ancora finita: i partiti ricevono i rimborsi elettorali per tutta la normale durata della legislatura, anche se la legislatura, come spesso accade, finisce prima. Ci si può facilmente trovare nell'assurda situazione di dover pagare rimborsi elettorali doppi: rimborsi per la legislatura finita prematuramente e i rimborsi per la nuova legislatura in corso.

Negli ultimi 15 anni i partiti si sono intascati una cifra mostruosa che si aggira intorno ai tre miliardi di euro.

I soldi non mancano per nessuno, basta essere politici.

Fonte: editoriale di Marco Travaglio ad Annozero nel gennaio 2010

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