La politica italiana potrebbe passare tranquillamente per un film grottesco: si veda Umberto Bossi che praticamente minaccia di morte Monti ("rischia la vita, il nord lo farà fuori") o si veda il Partito Democratico che perde, per l'ennesima volta, le sue stesse primarie. Il partito di Bersani ormai ha una credibilità prossima allo zero: nei sondaggi è diventato il primo partito solo perchè, gli altri, sono riusciti a fare molto peggio.
Nel frattempo il Movimento 5 Stelle vede il suo primo espulso: Valentino Tavolazzi, consigliere comunale di Ferrara, colpevole di aver organizzato un convegno (per altro abbastanza snobbato dai militanti) molto simile al congresso di un partito in cui si sarebbe discusso dell'organizzazione del Movimento e quindi di un eventuale leader. Sono temi questi che vanno contro l'essenza stessa del Movimento 5 Stelle il cui "non statuto" sancisce l'assenza di una sede e di leader.
Grillo, fondatore del Movimento, si è autonominato controllore dello stesso, ed in virtù di tale qualifica è stato costretto a cacciare il consigliere comunale. Tuttavia c'è un MA: se un leader non ci deve essere l'atto di Grillo come dovrebbe essere interpretato? Il comico potrebbe aver ragione ad aver epurato Tavolazzi, ma se egli ha il potere di decidere chi sta dentro e chi sta fuori beh, ad un leader ci assomiglia eccome, sbaglio?
Si noti bene comunque, che una protezione contro le persone che vogliono trasformare il Movimento in partito è assolutamente necessaria. C'è sempre il pericolo di "farsi prendere la mano". Tuttavia è questo il metodo più corretto? Se si, non si dica più che all'interno del Movimento "uno vale uno" perchè Grillo, evidentemente, vale di più. Giusto o sbagliato che sia.
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