La riforma del mercato del lavoro proposta dal governo fa discutere soprattutto per le modifiche all'articolo 18.
Se la riforma andrà in porto i licenziamenti per motivi economici non potranno essere soggetti a ricorso davanti ad un giudice terzo.
In linea di principio ci può anche stare, ma in pratica, chi decide i parametri per i quali una situazione economica impone dei licenziamenti? Chi potrà distinguere un licenziamento per motivi economici da un licenziamento discriminatorio?
Ci hanno raccontato che licenziare in Italia è troppo difficile e che per questo le aziende straniere non investono in Italia. Ebbene, qualcuno mi dovrebbe spiegare da dove arriva quel tasso di disoccupazione sopra la media europea e dovrebbe allo stesso modo spiegare perchè l'articolo 18 dovrebbe essere un ostacolo maggiore agli investimenti rispetto alla nostra impossibile burocrazia, alla corruzione dilagante, alle tasse esorbitanti ed alla criminalità organizzata.
L'assioma stesso per il quale in Italia è difficile licenziare rasenta l'assurdo se si va a guardare la classifica OCSE che elenca, tramite un indice dedicato, il tasso di licenziabilità di ogni Paese. Più il valore è basso, più è semplice licenziare: l'Italia ha un valore di 1,77 mentre la Germania un valore di 3.
In parole povere in Germania è il doppio più difficile licenziare che in Italia in quanto ogni licenziamento può essere oggetto di ricorso. In più gli stipendi sono il doppio di quelli italiani.
Se ci si ispira ad un modello, andrebbe preso in toto.Ma, come al solito, per noi altri, oltre al danno, la beffa.
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