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giovedì 28 novembre 2013

Ciò che avrebbe dovuto dire il PD

Silvio Berlusconi, dalle 17.42 di ieri non è più un senatore della Repubblica.
La buona notizia è che non potrà più avvalersi dell'immunità parlamentare: se servirà potrà essere intercettato, perquisito e arrestato liberamente in quanto non ha più la protezione di una carica istituzionale. A parte questo però, sostanzialmente, rispetto a prima, non cambia più o meno nulla: B. continuerà a fare politica dall'esterno così come dichiarato ieri sul palco di Palazzo Grazioli davanti ai suoi accaniti fan che, a questo punto, dovrebbero essere tutti in malafede perchè anche all'ignoranza ci dovrebbe essere un limite.

L'importanza etica della sua decadenza è comunque di fondamentale importanza e il merito va:
  • a quei magistrati coraggiosi che hanno deciso di trattare Berlusconi esattamente come ogni altro cittadino nonostante le inevitabili campagne diffamatorie mezzo stampa che avrebbero (ed effettivamente hanno) subito;
  • ai pochi giornalisti liberi che hanno sempre raccontato le sue malefatte mettendo in gioco, a volte, anche la propria carriera;
  • a Beppe Grillo che, già nel 2007, organizzò un VDay ponendo l'accento sulla necessità di un Parlamento Pulito raccogliendo, a tal proposito, 300.000 firme che i partiti decisero di ignorare. Anche da quell'episodio nacque il Movimento 5 Stelle che ieri ha votato per la decandenza di Berlusconi dopo essere stati decisivi nell'imposizione del voto palese (quanto facile sarebbe stato organizzare una nuova compravendita di senatori col voto segreto?).
Ciò che Berlusconi ha fatto comunque rimane, sia a livello culturale che legislativo: quante leggi andrebbero smantellate e riviste!!! Rimane in piedi il sistema ed in piedi rimangono i suoi migliori alleati del Partito Democratico che, in vent'anni, non si sono mai sognati di pronunciare le seguenti parole:





Un discorso memorabile.


mercoledì 20 novembre 2013

L'ipocrisia uccide e l'arte della chiacchiera

Come ho sostenuto poco tempo fa quando morirono circa 250 immigrati vicino alle coste di Lampedusa, l'ipocrisia uccide.

Questa volta a morire sono gli italiani, in Sardegna, a causa di una calamità naturale: sull'isola si è abbattuta, in una sola giornata, l'acqua di sei mesi. Siamo tuttavia sicuri che, la politica, tanto per cambiare, non abbia colpe? La cementificazione distrugge il territorio e la Sardegna non è certo diversa dalla Liguria in tal senso. E' veramente accettabile ascoltare, ancora una volta, parole tanto solidali quanto vuote, di quegli stessi politici che hanno promosso la cementificazione del territorio?

Non è sterile polemica o strumentalizzazione politica, si tratta di capire il perchè di tutte quelle morti: se in Afghanistan un soldato italiano perde la vita, io me la prendo con il politico che ce l'ha mandato inutilmente, non mi limito a dispiacermi. Poche cose sono casuali: ciò che è accaduto in Sardegna e alle Cinque Terre a suo tempo poteva essere evitato semplicemente evitando la cementificazione selvaggia del territorio e mettendo in sicurezza le aree a rischio, l'unica grande opera di cui l'Italia ha bisogno.

Le lacrime del giorno dopo mi ricordano tanto un episodio assai più banale e meno grave: le ferrovie dello Stato che ogni inverno vengono sorprese dalla neve provocando ritardi e soppressioni perchè, in effetti, la neve in inverno è sempre un episodio imprevisto. La natura ogni tanto "reclama il suo spazio", non possiamo sorprenderci ma, piuttosto, fare in modo che certi disastri non accadano più con politiche di gestione del territorio efficaci ed intelligenti.

A proposito di ipocrisia, un applauso a tutti i candidati alla segreteria del Partito Democratico che, in televisione, dicono che la Cancellieri si deve dimettere e, in Parlamento, insieme al proprio seguito, votano in direzione esattamente contraria. E' stata infatti respinta pochi minuti fa la mozione di sfiducia presentata dal Movimento 5 Stelle. Napolitano, sempre più un monarca, ha ordinato: "la Cancellieri deve rimanere al suo posto!" e, i servi, hanno votato di conseguenza a dispetto delle promesse e dei proclami. E' la loro arte della chiacchiera.



mercoledì 13 novembre 2013

La democrazia diretta è auspicabile?

Non credo ci sia nemmeno bisogno di parlare della Cancellieri. In qualsiasi altro Paese civilizzato un ministro colto in flagrante mentre favorisce la scarcerazione di un detenuto in particolare si sarebbe dimesso immediatamente o, in caso contrario, il governo l'avrebbe cacciata a pedate.

Qui invece siamo in Italia, il Paese dove tutto è lecito e negare davanti all'evidenza è la regola. Il Presidente del Consiglio Letta va in giro per l'Europa a dichiarare: "dicono che ho le palle d'acciaio". Siamo una barzelletta. Berlusconi non è un problema per ciò che ha fatto ma per la cultura dell'illegittimo reso banale, normale. Per lui è anche normale paragonare i propri figli agli ebrei sotto Hitler visto quanto sono "perseguitati".

Parlare di queste cose non mi interessa particolarmente: la verità è palese. Quel che più mi interessa quest'oggi è affrontare un tema a me caro e portato alla ribalta dal Movimento 5 Stelle. La finalità ultima del Movimento, che tranquillamente si può definire utopica, è la democrazia diretta: il governo diretto del popolo.

Attualmente, la nostra, è una democrazia rappresentativa: il popolo elegge i suoi rappresentanti che, in virtù della loro onestà e della loro competenza, fanno gli interessi dell'intera popolazione. Il motivo per cui la democrazia rappresentativa è stata messa in discussione dal Movimento 5 Stelle è perchè quelle persone "oneste e competenti" si chiamano Razzi, Gasparri, Brunetta etc. etc. Insomma non sono certo personalità in grado di prendere decisioni migliori di qualsiasi altro italiano.

La domanda fondamentale è: "è giusto che sia il popolo a decidere direttamente?"

La risposta che personalmente mi sono dato è no, o meglio, ni. Mi spiego meglio: il popolo potrebbe anche decidere, il giorno dopo un omicidio particolarmente cruento, che la pena di morte sia legittima. Il popolo potrebbe pensare che il matrimonio fra omosessuali sia una cosa sbagliata. Il popolo potrebbe decidere, per colpa di una informazione malata, che la guerra in Afghanistan sia giustificabile.

Già, proprio l'informazione è un problema cruciale: un governo diretto del popolo implica la necessità che il popolo sia informato adeguatamente. Come può garantire tale condizione un Paese che "Freedom House" classifica come "parzialmente libero" relativamente alla libertà di stampa?
Non può nemmeno valere il discorso "deciderà chi lo vuole fare, chi non si interessa non conta nulla". Questo va benissimo per i referendum (il quorum va assolutamente eliminato) ma quando c'è da prendere una decisione moltissime persone si sentono in dovere e in diritto di dire la loro nonostante non siano minimamente informate dei fatti. Come può un tale contesto portare a decisioni sensate? Certo, probabilmente, se gliel'avessero chiesto agli italiani, non avremmo avuto la guerra in Afghanistan e in Iraq ma in altri contesti?

Beppe Grillo invoca un referendum sulla permanenza o meno nell'Unione Europea, ma come può la massa prendere una tale decisione? Ho due lauree e non saprei cosa votare: come può farlo qualuno che questi argomenti non li ha mai nemmeno sfiorati se non in qualche slogan politico e in qualche chiacchiera da bar? Molti economisti hanno opinioni divergenti sull'argomento e non sembra esserci una risposta univoca.

Tuttavia importa veramente che le decisioni del popolo siano corrette? Anche in caso di clamorosi errori una piena democrazia diretta sarebbe la piena realizzazione del sacrosanto principio per cui "la sovranità appartiene al popolo". Pur potendo prendere decisioni sbagliate piuttosto facilmente sarebbe comunque una forma di governo più "etica"sotto questo punto di vista.

Ma queste sono solo divagazioni, esercizi intellettuali: la democrazia diretta, auspicabile o meno, non arriverà di certo nei prossimi anni. Il tasto su cui si deve continuare a insistere è senza dubbio la maggior partecipazione: inconcepibile, ad esempio, che il Parlamento non abbia l'obbligo di discussione delle leggi di iniziativa popolare.

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